Il Contratto di Fiume può essere definito come un atto di impegno condiviso da parte di diversi soggetti pubblici e privati a vario titolo interessati ai corsi d’acqua (e ai sistemi idrografici a questi connessi, quali falde, coste, aree umide, ecc.), che -attraverso l’individuazione di una comune visione e modalità di lavoro e di azione- si prefigge l’intento di perseguire la riqualificazione ambientale e la rigenerazione socio-economica sostenibile del sistema fluviale. Dal punto di vista amministrativo si configura come un processo di programmazione negoziata e, in coerenza con la pianificazione vigente e nel rispetto delle competenze specifiche dei vari attori territoriali, consente di portare a sistema le diverse istanze che ruotano intorno al sistema fluviale in una visione unitaria, in una governance integrata e in una azione coordinata.
L’esperienza dei Contratti di Fiume nasce in Francia all’inizio degli anni ’80 e, dopo una disseminazione nella regione Vallonia del Belgio, viene introdotta in Italia all’inizio del 2000 con alcune esperienze pilota in Lombardia e, dal 2007, in Piemonte. Oggi a livello nazionale si registrano numerosi casi di percorsi decisionali contrattualizzati a scale idrografiche diversamente declinate (Contratti di Fiume, di Lago, di Falda, di Foce, ecc.). Diverse esperienze stanno maturando anche in Toscana, anche in seguito all’adesione nel 2014 da parte dell’Amministrazione Regionale alla Carta Nazionale dei Contratti di Fiume, documento d’indirizzo redatto nel 2010 nel corso del V incontro del Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume e ratificato in occasione del successivo incontro tenutosi a Torino nel 2012.
Nel 2015 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e il Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume, ha coordinato un gruppo di esperti che hanno redatto il documento recante “Definizione e requisiti qualitativi di base dei Contratti di Fiume”, nel quale vengono specificati i principi generali e gli approcci operativi di riferimento per una corretta implementazione di questi strumenti di governance. Tale documento ad oggi costituisce il principale riferimento metodologico per l’implementazione dei Contratti di Fiume in Italia.
Un passaggio particolarmente significativo dal punto di vista legislativo è stato, a inizio 2016, l’inserimento dell’articolo 68 bis nel D.Lgs 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), che recita: “I Contratti di Fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”. Con questo disposto i Contratti di Fiume vengono formalmente riconosciuti nell’ordinamento giuridico nazionale, ricevendo altresì un chiaro riferimento in relazione alla loro natura e alle finalità che perseguono.
Il Ministero dell’Ambiente ha istituito, nel novembre 2017, l’Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume, nell’ambito del Progetto Creiamo PA (“Competenze e Reti per l’Integrazione Ambientale e per il Miglioramento delle Organizzazioni della PA”), finanziato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020. L’Osservatorio è una struttura centrale di indirizzo e coordinamento che risponde all’esigenza di armonizzare l’attuazione dei Contratti di Fiume su scala locale, regionale e nazionale: ne fanno parte rappresentanti dell’ISPRA, le Autorità di bacino Distrettuale, Regioni, esperti in materia.