Il Fiume Cornia costituisce uno dei tre sistemi idrografici principali del bacino regionale denominato Toscana Costa, situato nell’ambito costiero (versante tirrenico) del Distretto Idrografico dell’Appenino Settentrionale. Origina sulle colline Metallifere ad 875 m s.l.m.; lungo il suo percorso di circa 50 km, con un bacino di 365 km2, attraversa le province di Pisa, Grosseto e Livorno prima di sfociare nel mare Tirreno tra Piombino e Follonica con due rami denominati fosso Cornia Vecchia e fiume Cornia (interamente canalizzato). Il suo regime idrologico è tipicamente torrentizio, con piene anche violente ed improvvise e con periodi (anche prolungati) di siccità. Dal punto di vista morfologico si possono individuare un primo tratto collinare a spiccata tendenza alla morfologia braided, seppur con un progressivo abbandono dei canali secondari a causa di un graduale processo di riduzione della disponibilità dei sedimenti con conseguente abbassamento del fondo ed incisione del canale principale; un secondo tratto, più a valle, in cui il fiume scorre in una ampia pianura alluvionale attualmente fissata in senso planimetrico dalla presenza di argini ma con evidenze di una storica elevata mobilità e tendenza ad una tipologia meandriforme.

L’unità idrogeologica dell’acquifero multistrato del Cornia occupa praticamente tutta l’area di pianura. É costituita dai depositi alluvionali di conoide e subalveo a granulometria eterogenea, da ciottoli a sabbie, con percentuali variabili di matrice argillosa. Il sistema costituito dal basso corso del fiume Cornia e dagli acquiferi presenti nella relativa pianura alluvionale è da decenni caratterizzato da una condizione di forte disequilibrio quantitativo del bilancio idrogeologico, causato da un uso intensivo di una risorsa idrica - di per sé già limitata -derivante prevalentemente dai comparti irriguo e civile. Si tenga conto che una porzione consistente di risorsa viene convogliata all’Isola d’Elba – attraverso una condotta sottomarina - coprendo una percentuale considerevole del fabbisogno idrico dei comuni elbani (3,0-3,8 Mm3 su 6,0-6,7 Mm3 totali).

Gli apporti di ricarica all’unità idrogeologica della pianura del Cornia (esclusa l’area di San Vincenzo) sono stimabili in circa 39 Mmc/anno, dati dalla somma di 15 Mmc ceduti dal Cornia fra Forni e Casetta, 6 Mmc dai calcari di Campiglia lungo il margine pianura-montagna a nord di Venturina, 3 Mmc dal bacino del Corniaccia (nell’area orientale); 3 Mmc dalle aree collinari di Suvereto a valle di Forni, 12 Mmc da infiltrazione diretta su tutta l’area di pianura a valle di Forni (Piano Strutturale d’Area della Val di Cornia, 2006).
Lo sfruttamento dell’acquifero ha indotto una serie di variazioni piezometriche con un progressivo abbassamento della falda ed un conseguente arretramento del livello zero verso l’interno. Studi precedenti (citare) hanno ricostruito l’andamento delle linee piezometriche in tutta la pianura a partire dall’anno 1914, considerato il limite temporale di riferimento per la valutazione degli abbassamenti. L’abbassamento più consistente, nell’ordine di 12 m, si è avuto nell’area più interna della bassa pianura del Cornia. Un calcolo volumetrico del deficit idrico totale accumulatosi nel trentennio dagli anni '70 al 2001 porta ad una stima di circa 8 Mmc la cui gran parte, circa il 50%, si è accumulata negli anni 1990-2001.
Tale alterazione ha comportato gravi conseguenze per la tutela qualitativa delle relative risorse idriche a causa dell’ingressione salina dai corpi idrici marino-costieri, con alterazione degli ecosistemi terrestri connessi (in particolare le aree umide retro-costiere, tra cui il SIC/ZPS IT5160010 “Padule Orti Bottagone” e l’area umida protetta “della Sterpaia”) Il fenomeno, ancora lieve negli anni 70, si è particolarmente aggravato a cavallo della metà degli anni ’80, fino a raggiungere nel 1991 valori talmente elevati da richiedere la sostituzione delle principali fonti idropotabili (Campo all’Olmo). Il fenomeno è proseguito negli anni '90, con la completa salinizzazione di interi comparti idrogeologici, ed attualmente è caratterizzato da una pericolosa tendenza di avanzamento delle curve di bassa-media salinità verso i campi idropotabili. In tal senso costituisce una significativa minaccia diretta per gli usi idrici in campo civile (di terraferma e insulari), agricolo e produttivo, accompagnata da un incremento dei costi per la gestione dell’acqua (aumento dei consumi energetici per l’approvvigionamento idrico da pozzo).
Tale condizione presenta delle ulteriori esternalità negative che inaspriscono il problema; in particolare la depressurizzazione delle falde della bassa pianura che ha determinato un fenomeno di subsidenza con conseguente danni registrati al patrimonio immobiliare e infrastrutturale per cedimenti differenziali. Le misurazioni disponibili hanno messo in evidenza una accelerazione del cedimento 1951-1987 rispetto al periodo 1891-1951 da 2 fino a 6 volte con variazioni spazio temporale di notevole valore, con valori che puntualmente hanno raggiunto tassi di abbassamento dell’ordine dei 20 mm/anno (contro gli 0,03 mm/anno di subsidenza attribuibile a cause naturali).